L'attacco di febbre inflazionistica che stanno vivendo gli Stati Uniti e l’Eurozona ha meccanicamente fatto sprofondare i tassi d'interesse reali - i tassi d'interesse nominali corretti per l'inflazione - in territorio negativo. Altri episodi di questo tipo si possono rintracciare in occasione delle guerre mondiali o dell'iperinflazione degli anni 1970. I catalizzatori, pero?, erano molto diversi: carenze nel primo caso durante le guerre, shock petroliferi nel secondo. Per molti versi, la situazione attuale puo? sembrare irreale agli occhi di un’economista di fronte alla sua biblioteca di libri di economia.
Oggi, il tasso decennale US e il tasso di riferimento europeo, il decennale tedesco, si attestano a -3% se corretti per l'inflazione core, escludendo i prezzi del cibo e dell’energia. Questa percentuale e? molto piu? bassa se si considera l'inflazione globale.
Quali impatti per gli agenti economici?
Per i risparmiatori piu? prudenti si tratta di una lenta eutanasia, come sottolineava Keynes, poiche? l'inflazione erode il rendimento degli attivi considerati privi di rischio. Cosi?, un investitore che concede un prestito per un periodo di 10 anni agli Stati Uniti o alla Germania vedrebbe il potere d'acquisto dei suoi risparmi ridotto di piu? di un quarto qualora la situazione rimanesse invariata fino alla scadenza. I risparmiatori disposti a rischiare di piu? vengono meccanicamente spinti verso asset a rendimento piu? elevato, e quindi piu? rischiosi... con il rischio di contribuire alla creazione di bolle. L'attuale appetito per le criptovalute ne e? forse una delle conseguenze.
Per i cittadini e gli Stati, questi tassi reali chiaramente negativi hanno il merito di far si? che il debito pubblico sia sostenibile. L’indebitamento frutta in termini reali: l'inflazione aumenta le entrate oltre il costo del prestito. Per quanto possa sembrare irreale, indebitandosi lo Stato si arricchisce!
Per le aziende, il basso costo dell’indebitamento fa si? che alcuni progetti di investimento appaiano potenzialmente redditizi, che non lo sarebbero stati con dei tassi d'interesse reali piu? alti. Una redditivita? anche remota e ipotetica consente quindi di giustificare la valutazione di aziende che sono in disavanzo cronico. L'incentivo a indebitarsi e a investire e? quindi reale.
Per le banche centrali, in quanto garanti di un’inflazione controllata e principali creditori degli Stati, puo? sembrare irreale. Se scegliessero di rispettare uno degli obiettivi espliciti del loro mandato - la lotta contro l'inflazione - dovrebbero rapidamente interrompere i loro acquisti di attivita? finanziarie e aumentare i tassi di riferimento, indebolendo cosi? meccanicamente gli Stati di cui detengono buona parte del debito. Alla fine, le banche centrali rischierebbero di perdere credibilita? rendendo fragili i propri bilanci. Sembra ormai chiaro che i mandati della Fed e della BCE hanno un obiettivo implicito: mantenere i tassi reali almeno a zero, e idealmente in territorio negativo. Cosi? si spiega la loro riluttanza da diversi mesi ormai a intraprendere con forza una stretta monetaria. A breve termine, questo esercizio di equilibrismo appare realistico. A lungo termine, potrebbe trasformarsi in una missione impossibile se l'inflazione dovesse sfuggire di mano.
Per quanto irreali possano sembrare, i tassi reali negativi sono destinati a diventare una nuova realta?.
Con Olivier de Berranger, CIO, LFDE