Stando al consensus di Bloomberg, la crescita globale prevista all'inizio dell'anno al 4,4% dovrebbe essere ora del 3,3%. Eppure, le cose erano iniziate bene. Lo scorso dicembre l'economia mondiale chiudeva un 2021 storico, con una crescita al 6,1% sostenuta dalla ripresa post-Covid, un trend a favore che sarebbe dovuto durare anche l'anno successivo.
Ma negli ultimi mesi la macchina si è inceppata. L'invasione russa dell'Ucraina, prima, ha minato la fiducia delle famiglie e delle imprese contribuendo a un ulteriore innalzamento di un’inflazione già elevata. Il rischio sanitario, poi, è risorto dalle ceneri smantellando i bastioni eretti da Pechino e dalla sua politica zero-Covid, e provocando un impatto inflazionistico attraverso il canale dell'offerta. La fabbrica del mondo gira infatti al minimo e il rischio sanitario aggiunge altra sabbia negli ingranaggi delle linee di produzione, già grippate da due anni difficili. Le conseguenze sono negative anche per la crescita cinese, e quindi globale, visto che imbrigliano i consumi interni della seconda potenza economica internazionale. Infine, a parte questi fattori esogeni, l'inflazione continua a diffondersi ogni mese, facendo emergere il rischio di una spirale "salari-prezzi auto-alimentata". Questo rischio ha indotto le principali banche centrali a reagire, il cui obiettivo prioritario è il controllo dell'inflazione. Ne consegue un notevole inasprimento negli ultimi mesi delle condizioni finanziarie. È ora più costoso per le famiglie finanziare l'acquisto di immobili e per le imprese spesare i loro piani di investimento, mentre l'onere del debito pubblico potrebbe aumentare gradualmente dopo anni di riduzione.
La situazione economica e monetaria e le sue prospettive sono in costante deterioramento dall'inizio dell'anno, provocando cali significativi nelle principali asset class, compresi i titoli di Stato considerati privi di rischio di default. Sebbene le prospettive rimangano fosche per i prossimi mesi, nel 2022 la crescita globale dovrebbe essere vicina al suo potenziale di lungo periodo. La crescita si piega ma non si spezza.
Se il peggio non è mai certo, quali potrebbero allora essere i catalizzatori di una ripresa economica e borsistica?
La politica monetaria, considerata oggi molto restrittiva, rimane un fattore determinante per la valutazione degli asset finanziari. I mercati prevedono 11 rialzi dei tassi dello 0,25% quest'anno per la Fed e 4 per la BCE. Un'inversione di tendenza, o anche solo la speranza di un'inversione di tendenza, potrebbe provocare un rimbalzo del mercato azionario e dell'economia, con un allentamento delle condizioni finanziarie. Allo scopo, l'inflazione dovrebbe stabilizzarsi prima di iniziare a diminuire. Per l'inflazione statunitense, seppur elevata, potrebbe iniziare a profilarsi questa prospettiva. Una risoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina potrebbe rivelarsi positiva per l'inflazione e per la fiducia, uno scenario improbabile oggi da non escludere totalmente però. Infine, con l'aumento del rischio di recessione, stimato al 30% negli Stati Uniti per il prossimo anno, rispetto al 15% di inizio anno, la pressione sui prezzi attraverso la domanda potrebbe diminuire e liberare margini di bilancio per le autorità pubbliche. Senza correre il rischio di alimentare una spirale inflazionistica.
Così, come "dopo la pioggia torna il sereno", oggi ci si chiede "quando?" La risposta non è ovvia ma può rivelarsi fruttuosa nel medio termine per un investitore accorto. In borsa, i migliori affari non si fanno quando l'orizzonte è sgombro da nubi ma, al contrario, quando il cielo è particolarmente carico.
Redatto il 20.05.2022, a cura di Olivier de Berranger, CIO, LFDE