Fiammata dell’inflazione, applausi del mercato

17.06.2021 23:27 - La Financière de l'Echiquier

Fiammata dei prezzi al consumo negli Stati Uniti: +5% su base annua a maggio! Superati i primi istanti successivi alla notizia, i mercati si placano e, fatto ancor più sorprendente, invece di salire com’era lecito temere, i rendimenti obbligazionari chiudono la giornata al ribasso!

Per prima cosa la sorpresa non è sconvolgente visto che i dati erano attesi in forte aumento, ancorché a un livello leggermente inferiore. Inoltre, per via di un effetto base meccanico dovuto all'improvvisa recessione della primavera 2020, i dati - giocoforza - dovevano essere più alti un anno dopo. Del resto, al netto degli elementi volatili (cibo ed energia) l'inflazione è sicuramente alta, al 3,8%, un record da 30 anni. Ma, soprattutto, il mercato ha sposato l'ipotesi delle banche centrali secondo cui questa inflazione è transitoria. In effetti, in questa fase sta colpendo alcuni settori soltanto, come le auto usate e a noleggio, e alcuni segmenti immobiliari, come i depositi. Non si estende invece ai salari che, al contrario, diminuiscono in termini "reali" del -2,8%. Nulla potrebbe piacere di più al mercato: i salari diminuiscono e l'economia è in fiamme!

Ciò detto, l'apparente moderazione dei salari statunitensi è in parte un trompe-l’œil: se i salari stanno complessivamente diminuendo è in parte dovuto alle categorie di lavoratori meno pagati che si stanno riaffacciando sul mercato del lavoro. Passata la prima ondata di assunzioni successiva alla riapertura dell'economia, la dinamica dei salari potrebbe migliorare. Anche l'apparente moderazione degli affitti può rivelarsi illusoria, legata in parte alla moratoria sugli sfratti. Con la fine di queste misure, a luglio i prezzi potrebbero rivelarsi molto più volatili. Infine, anche se l'aumento dei prezzi di alcuni beni è dovuto a fattori temporanei, come la carenza di chip o di certi metalli, nulla garantisce che scendano rapidamente soprattutto perché la domanda di metalli dovrebbe aumentare con l'elettrificazione del parco auto e l'introduzione di norme antinquinamento più stringenti.

Il mercato però rimane impassibile, nonostante questi rischi.

È quindi logico che le banche centrali possano continuare a iniettare liquidità nel mercato innalzando, al contempo, le prospettive d'inflazione. Questo atteggiamento può sembrare a priori contraddittorio. È quanto ha fatto la Banca Centrale Europea nella sua riunione del 10 giugno: già portata dall'1 all'1,5% a marzo, stima l’inflazione 2021 all’interno dell’Eurozona al livello ideale dell’1,9%. A più lungo termine, però, continua a prevedere un tasso d’inflazione insufficiente, al +1,4% entro il 2023, giustificando così il suo attivismo, soprattutto da quando le banche centrali hanno cambiato atteggiamento nei confronti delle proiezioni economiche. Aspettano ora di vedere il ritmo dell'inflazione - e dell'occupazione nel caso della Fed - su un determinato periodo di tempo piuttosto che affidarsi alle proiezioni. Si dimostrano prudenti: agire sulla base di proiezioni che sono per natura incerte significa correre il rischio di sbagliare. Spinto oltremodo, questo principio si rivela tuttavia - secondo noi - irresponsabile: le banche centrali rischiano di essere sistematicamente in ritardo rispetto ai cicli. E in ogni caso, dovranno sempre chiedersi se le tendenze osservate siano sostenibili o meno. Non si può sfuggire all'incertezza. Agire è rischioso. Non voler rischiare lo è altrettanto.

La risposta arriverà tra qualche mese. Le banche centrali - e i mercati che le seguono - saranno stati o lungimiranti o ingenui. Nell'uno o nell'altro caso, manterranno con forza e destrezza condizioni finanziarie solide e favorevoli per non danneggiare l'economia. Il futuro del mercato azionario non è certo, ma almeno è in mani esperte. Come l’Antica Roma in fiamme nelle mani di Nerone?

Con Olivier de Berranger, CIO, LFDE